Guerra delle ordinanze tra sindaco e procura. A Rimini salta la norma antilucciole

Il procuratore capo della riviera chiede l’archiviazione della denuncia di una prostituta rumena. La norma varata dal sindaco Gnassi il 13 dicembre, per contrastare il fenomeno dilagante della prostituzione, diventa carta straccia: “Rispetteremo il provvedimento dell’autorità giudiziaria ma siamo perplessi e disorientati”

Il procuratore capo in riviera, Paolo Giovagnoli, il 13 febbraio scorso ha chiesto a favore di una lucciola romena l’archiviazione della denuncia per la violazione dell’articolo 650 “per non aver osservato un provvedimento legalmente dato dall’autorità per ragioni di giustizia, o sicurezza pubblica o ordine pubblico o igiene”. Niculina, questo il nome della prostituta, era stata fermata in viale Regina Margherita il 3 gennaio dal nucleo radiomobile dei carabinieri e denunciata, come prevede l’ordinanza del sindaco Pd Andrea Gnassi – in queste ore piuttosto irritato e già al lavoro per trovare le contromisure- varata con un certo clamore il 13 dicembre.

Anche se in questi giorni le forze dell’ordine in città continuino a denunciare cinque o sei lucciole ogni sera, il provvedimento di Gnassi è ormai carta straccia. Giovagnoli motiva la sua richiesta citando “il significato dei termini ‘incolumità pubblica e sicurezza urbana’ riguardanti una materia nella quale può provvedere il sindaco, a differenza della tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, materia riservata costituzionalmente allo Stato”. Dunque, alla base di tutto c’è un equivoco giuridico-lessicale bello e buono. In sostanza, è la tesi della Procura, un’ordinanza del sindaco non può trasformare in reato sul territorio comunale per un periodo di tre mesi, come prevede il testo Gnassi, una condotta che l’ordinamento generale considera illecito amministrativo (il pacchetto sicurezza varato dal governo Berlusconi nel 2008, del resto, riserva alla competenza dello stato i provvedimenti in materia di ordine e sicurezza pubblica). Infine, si ritiene incostituzionale la norma che consente che gli stessi comportamenti possano essere ritenuti leciti o illeciti a seconda dei comuni in cui avvengono per effetto delle diverse ordinanze emanate.

Insomma, per Gnassi e tutto il suo staff è una bella botta, come si dice a Rimini. C’è da dire che i sindaci Pd in città sembrano ormai destinati a sbattere contro il muro dei rilievi giudiziari nella battaglia anti-prostitute. Nei mesi scorsi, infatti, era stata una sentenza della Corte Costituzionale ad abbattersi sull’ordinanza del predecessore di Gnassi, Alberto Ravaioli a sua volta del Pd. Varata a febbraio, la norma Ravaioli declassava da 1.000 a 400 euro la sanzione a prostituta e cliente, ma con un particolare: nel caso di recidiva scattava la denuncia penale. Non solo. La norma riminese prevedeva anche il controllo fiscale, grazie ad un accordo con la Questura e con l’agenzia delle Entrate a suon di verifiche fiscali sui clienti. Tra “utilizzatori finali” e meretrici, erano state una trentina le sanzioni attivate grazie al protocollo Ravaioli. La Corte Costituzionale, però, aveva costretto a rivedere tutto giudicando illegittimo l’ampliamento dei poteri su incolumità pubblica e sicurezza nei centri urbani (molte ordinanze in materia sono state cassate dalla Consulta proprio per la parte del pacchetto sicurezza con il quale l’ex ministro dell’Interno Roberto Maroni aveva affidato super-poteri ai sindaci, un percorso iniziato proprio in Emilia-Romagna con la firma della carta di Parma).

Ecco, allora, che Gnassi ci aveva provato. L’obiettivo dei suoi uffici era stato quello di costruire un’ordinanza che inquadrasse la prostituzione come fattispecie di reato, “laddove crea oggettivamente problemi d’ordine pubblico e turbamento sociale”. L’impianto giuridico predisposto dalla Polizia municipale, e illustrato a suo tempo dal comandante Vasco Talenti, tendeva a superare i rilievi sul testo Ravaioli “limitando nel tempo e negli spazi dove effettivamente la prostituzione si svolge il divieto di esercitare l’attività di prostituzione in strada, prevedendo per le prostitute la denuncia all’Autorità Giudiziaria ai sensi dell’articolo 650 del Codice penale”, spiegava l’amministrazione riminese poche settimane prima che entrasse in vigore l’ordinanza.

Ora, invece, ad avere la meglio sono stati Niculina e i suoi avvocati. Gnassi non ci ha più visto e in queste ore ha voluto mostrare pubblicamente il suo disappunto: “I provvedimenti della Autorità Giudiziaria vanno rispettati e applicati. Sempre. Ma sarei un ipocrita se tentassi di nascondere le perplessità e, per certi versi, il disorientamento nei confronti degli orientamenti recentemente assunti”. Secondo il sindaco, la Procura ha agito “cancellando di fatto uno strumento normativo utile al contrasto della prostituzione quale fenomeno inerente all’ordine pubblico, fenomeno che crea oggettivamente allarme sociale e problemi di sicurezza nella popolazione. Ne prendiamo atto e ci adeguiamo e come noi farà il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza”. Gnassi gioca la carta dei nuovi problemi in vista dell’estate, il periodo in cui il fenomeno lucciole esplode a Rimini e dintorni: “Tra pochi mesi, con la recrudescenza estiva del fenomeno, ci troveremo ancora una volta disarmati e impotenti davanti all’arroganza dei criminali e dall’altra parte le giuste, sacrosante proteste d’interi quartieri. Sarà dura spiegare le ragioni che distinguono sicurezza urbana e sicurezza pubblica”.

Proprio per ovviare al caos prostitute a Miramare, frazione della zona sud, il sindaco fra l’altro aveva fatto installare una recinzione in acciaio, alta oltre un metro e mezzo e lunga ben 40 metri, con l’obiettivo di impedire l’accesso ad un’area ‘frequentata’.

da Il Fatto Quotidiano

Prostituzione: regolare o vietare ?

“Tra gli altri aspetti dell’immigrazione clandestina c’è quello legato alla tratta di donne, un argomento che, legato a quello della prostituzione, continua a tenere banco, dopo che Mara Carfagna, ministra delle Pari Opportunità, ha annunciato che nelle misure  inserite nel disegno di legge in materia, al quale sta lavorando, la prostituzione di strada sarà reato e colpirebbe tanto i clienti quanto chi si prostituisce per strada o in luoghi aperti al pubblico.

Mentre un grande plauso a Carfagna giunge dalla Comunità Papa Giovanni XXIII – fondata da don Oreste Benzi, e che da oltre 20 anni opera per la liberazione delle giovani donne schiavizzate – convinta che se la proposta si concretizzerà, sarà un grande smacco verso il racket, Antonio Stango, del Comitato nazionale di Radicali Italiani risponde cheNon è criminalizzando milioni di persone  che si può combattere più efficacemente le organizzazioni criminali o migliorare l’ordine pubblico. Occorre piuttosto dare all’Italia al più presto una legislazione moderna, non ipocritamente moralistica, che sulla base delle positive esperienze della Germania e di altri Stati europei consenta a chi esercita liberamente la prostituzione di farlo con sicurezza, rispetto, garanzie sanitarie e previdenziali adeguate“. E conclude Stango: “La tassazione delle entrate da tale attività equivarrebbe a una manovra finanziaria e consentirebbe allo Stato di coprire sia i costi di migliori servizi sociali che quelli della necessaria lotta alle organizzazioni criminali, oggi rese più forti proprio dal proibizionismo“.

Anche in questo caso, gli Enti locali – sindaci in prima linea – si muovono adottando provvedimenti  in linea con quelli adottati dal governo o trovando altre forme di contrasto al fenomeno.

A Milano, Riccardo De Corato, vice sindaco e assessore alla Sicurezza del comune annuncia che già da questo mese la polizia municipale cercherà di colpire il fenomeno della prostituzione più capillarmente multando i clienti (500 euro la sanzione) ed effettuando’ i controlli servendosi anche della collaborazione dei cittadini che sul sito Google Maps hanno segnalato le zone della prostituzione milanese. “Faremo apposite verifiche con la mappa via web -spiega De Corato – per sapere se ci sono luoghi finora sfuggiti ai controlli. E con l’opportunita’ della specifica ordinanza che emaneremo a giorni, andremo a sanzionare anche in quei posti.” Gli introiti delle sanzioni serviranno per finanziare il progetto ‘Accoglienza vittime della strada’ che “dal 2001 a oggi- spiega il vice sindaco- ha permesso di salvare circa 500 donne dalla strada”. Sulla base dei dati forniti da De Corato, le operazioni di polizia, durante i controlli legati alla prostituzione, hanno portato a infliggere 2099 multe, a effettuare 2 arresti, 33 denunce, 7 accompagnamenti in Questura, 5 foto segnalamenti per stranieri irregolari, 7 fermi amministrativi di veicoli e a ritrovare 4 auto furtive.

Stesso provvedimento a Verona, dove, per stroncare l’esercizio della prostituzione su strada, la Giunta comunale, su proposta del Sindaco Flavio Tosi, ha deciso a fine luglio di elevare a 500 euro l’importo della multa per i clienti delle prostitute. ”Il Decreto Sicurezza del ministro Maroni, convertito in legge dal Parlamento – spiegava  Tosi – concede ai Sindaci la possibilità di graduare gli importi delle diverse sanzioni da 50 a 500 euro, in base alla gravità del comportamento di chi commette reato; è una norma importante, introdotta dal ministro proprio su nostra richiesta, perché amplia il potere dei sindaci in materia di sicurezza urbana, consentendo di emanare provvedimenti più incisivi ed efficaci rispetto al fenomeno da contrastare”. “In questo caso abbiamo deciso di applicare la sanzione massima di 500 euro per la violazione dell’ordinanza antiprostituzione: un deterrente ben più forte dei 36 euro per intralcio alla circolazione previsti dal codice della strada al quale, prima dell’entrata in vigore del Decreto Maroni, i Sindaci erano tenuti a richiamare le proprie ordinanze”. ”Lo scopo dell’ordinanza è quello di multare chi contratta prestazioni sessuali – conclude Tosi – per eliminare un fenomeno gestito da racket criminali che spesso riducono in schiavitù le donne da avviare alla prostituzione e per eliminare il degrado e il disturbo causato ai cittadini”.

In Liguria si pensa invece a Cooperative autogestite per l’esercizio della prostituzione. A proporlo il gruppo consiliare ligure di An.  Nei prossimi giorni verrà promossa una raccolta firme tra i cittadini liguri a favore dell’iniziativa di An. ”Con la nostra proposta di legge, che è aperta ai contributi migliorativi di chiunque -spiega  Gianni Plinio – si intende allontanare dalle vie delle nostre città l’esercizio della prostituzione e limitarlo, favorendo anche la creazione di cooperative autogestite e sottoponendolo a controlli sanitari e a imposizione fiscale, in case private. Occorre andare verso il superamento della ormai antiquata legge Merlin, reprimendo, con forza, la prostituzione a cielo aperto e lo sfruttamento di donne soprattutto minorenni e spesso tenute in condizione di schiavitù da parte del racket ma anche garantendo una certa libertà per chi intende esercitarla al di fuori da coinvolgimenti criminali”. ”Spero -conclude Plinio – che la sindaca Vincenzi valuti la bontà della nostra proposta e che una approvazione bipartisan del consiglio regionale ponga la Liguria all’avanguardia in Italia nel fronteggiare questa inquietante piaga sociale”.

Il Comune di Genova per arginare soprattutto la piaga dello sfruttamento sessuale ha dalla sua il progetto Sunrise, che dal 2000 a oggi lo ha impegnato in azioni volte a sostenere percorsi di liberazione a favore delle vittime. I risultati del progetto sono stati presentati nei giorni scorsi dall’assessora ai Servizi sociali Roberta Papi. Il progetto, con co-finanziamento del Ministero per le pari opportunità, realizzato in collaborazione anche con enti e associazioni che da tempo operano nella città, ha permesso a circa 900 persone di beneficiare del servizio: ascolto e accoglienza per le ragazze, in maggioranza immigrate, coinvolte nel racket della prostituzione che manifestino l’intenzione di cambiare stile di vita; costruzione di percorsi di uscita condivisi e attuabili; accoglienza in comunità e sostegno economico; sostegno psicologico e socio-educativo; sostegno per il rilascio del permesso di soggiorno; attivazione di percorsi formativi e di inserimento lavorativo. 150 finora quelle inserite in comunità e case protette. “Si tratta di donne portate nel nostro Paese con l’ingannevole illusione di un lavoro e poi avviate con violenza alla prostituzione. Grazie a Sunrice – ha spiegato Papi – le ragazze possono rivolgersi alle forze dell’ordine per sporgere denuncia nei confronti dei propri sfruttatori; quindi avviene la segnalazione all’Ufficio Cittadini senza territorio e l’inclusione nel progetto. Dall’Ufficio precisano inoltre: “Se la persona desidera uscire dal racket, ma, temendo ritorsioni sulla propria persona o sulla famiglia di origine, non si sente pronta per una formale denuncia, può rivolgersi direttamente al nostro ufficio o al numero verde nazionale 800.290.290 e formulare una richiesta di aiuto”

L’assessora Papi ha inoltre evidenziato la necessità di un piano nazionale capace di potenziare le relazioni diplomatiche con i paesi di provenienza delle persone sfruttate e di coordinare gli interventi e gli investimenti.”

Il primo protocollo d’intesa delle Marche per la realizzazione di politiche e interventi contro la tratta degli esseri umani è stato firmato il 30 luglio scorso ad Ascoli Piceno, presso la sede della Provincia, fra l’assessora provinciale alle Politiche Sociali Licia Canigola e i rappresentanti di quattro “Ambiti Territoriali Sociali” locali. Gli obiettivi del protocollo tra enti, istituzioni e privati sono principalmente quelli di ridurre il disagio e la condizione di vulnerabilità delle persone coinvolte nella prostituzione e in altri fenomeni di marginalità.

Il documento prevede anche lo sviluppo di iniziative di sensibilizzazione e prevenzione sul territorio del Piceno e nei paesi di origine delle vittime attraverso iniziative di raccordo in rete con le realtà locali e lo sviluppo di attività di promozione e cooperazione decentrata.

A Rimini è dal 1998 che il Comune multa i clienti, con sanzioni che vanno da 500 a 3 mila euro. Chi “esercita l’attivita’ di meretricio su strada pubblica” è invece passibile di una sanzione dai 100 ai 600 euro se “mostra nudità, indossa un abbigliamento indecoroso o indecente ovvero mostra nudità”. E’ tutto scritto nell’articolo 32 del regolamento e i controlli ci sono. A lottare contro il fenomeno sono prevalentemente i vigili urbani, soprattutto nei fine settimana estivi. A chi chiede o offre sesso a pagamento, il Comune applica di solito una sanzione pari al doppio del minimo previsto, ovvero mille euro per i clienti e 200 per le prostitute.”
da Delt@