Quelli che vietano la musica

È vietato di suonare in città!

L’ultima, in ordine di tempo, è quella del comune di Trento: si può suonare solo in quattro! Ecco le follie delle ordinanze…

Di Fabio Schiavo

Domanda: Cos’hanno in comune Belluno, Venezia, Trento, Castellamare del Golfo (TP), Vicenza, Salerno, Scanzorosciate (BG), Orvieto e Cervia? E abbiamo scelto dei luoghi a caso. Risposta: una spiccata allergia alla musica. Dal vivo. O almeno così sembra, dando un’occhiata alla legislazione in merito emessa da varie giunte sparse equamente, su e giù per il nostro disastrato Stivale, in questi ultimi tempi.

Roba da rimanere a bocca aperta. O meglio, chiusa… E meno male che, secondo un celebre detto, e nell’immaginario degli stranieri siamo un paese, tra le alte cose, di cantanti. Nel mucchio la palma va sicuramente a Trento: i concerti, anzi i “concertini” come sono definiti nell’ordinanza, nel centro storico “saranno consentiti solo entro le ore 22”, il gruppo di musicisti “non potrà essere superiore ai quattro elementi” e sono consentite, al massimo “due diffusori sonori liberi” da posizionare “tenendo conto della dislocazione degli edifici limitrofi”. Sono, quindi, escluse, bande e orchestre e le autorizzazioni, vanno richieste di volta in volta per ogni evento; non male per la città di Antonio Pedrotti, Daniele Groff e dei Minipolifonici.

Ma non finisce qui. Sempre valido a Venezia, invece, (lo avevamo riportato l’anno scorso) il disciplinare di ciò che è consentito. Nell’elenco è vietato: “il jazz sperimentale, quale il free jazz” (Battiato ne sarebbe stato contento), mentre vanno bene il reggae e il dub, ma “solo in Campo San Luca”, come pure va bene l’acid jazz “genere melodico e allegro della cultura nera americana”. Spostandosi, sempre in Veneto, a Belluno, la musica nei locali e dal vivo va bene: “Solo fino alle ventiquattro per gli esercizi del centro” mentre per quella di sottofondo, a porte chiuse, diffusa cioè “da radio, tv e stereo, il permesso arriva fino alle ore 2 del mattino”.

A Vicenza, se non ci sono livelli particolari per i locali “in zona industriale”, esistono limiti precisi di orario da rispettare e nei bar del centro è ammessa solo “la musica da compagnia, quella che cioè non supera il volume della voce umana. A Cervia, il sindaco, per salvaguardare la tranquillità dei cittadini e dei turisti (anche se il titolo dell’ordinanza nr. 0072 dell’11/04/2012 recita “Tutela DELL’inquinamento acustico”, il refuso capita a tutti) impone, per gli stabilimenti balneari, impianti “con potenza non superiore ai 20W RMS”, praticamente quanto la radio della macchina, la richiesta di deroghe speciali per “esibizioni musicali dal vivo, ad esempio piano-bar e concertini, ecc., nonché la diffusione di musica riprodotta in presenza di disc jockey”.

A Orvieto, invece, un Comitato Cittadino anti rumore, ha ottenuto, l’attuazione di misure severe contro “la musica dal vivo nei locali, un veicolo di depravazione sensoriale e ambientale” (BUM!) e, per ora, niente taglio mani e distruzione strumenti per i contravventori. Per chiudere la carrellata, a Castellammare del Golfo, se un locale vuole avere un gruppo che suoni dal vivo deve disporre “di una stanza, isolata acusticamente, abbastanza grande per poter accogliere il numero di persone richiesto”, mentre le persone all’esterno dovranno “parlare a voce bassa per non disturbare la vicinanza”.

Insomma tra surreali divieti, imposizioni restrittive per esibizioni live, limiti di orari e di volume, sembra quasi che ogni sindaco cerchi mettere la sordina alla musica. Le risposte potrebbero essere altrettanto rumorose… Delle belle pernacchie. In aiuto vengono due esperti, Don Ersilio Miccio, ‘O Professore, ovvero Eduardo de Filippo, nel film L’Oro di Napoli e Totò, ne I due Marescialli…

daRolling Stone

«Cortei vietati? Incostituzionale» Il Tar boccia il Campidoglio

LA SENTENZA HA ACCOLTO IL RICORSO CONTRO L’ ORDINANZA, IL SINDACO VOLEVA RINNOVARLA QUEST’ ANNO

La sentenza del Tar sull’ ordinanza con la quale il sindaco Gianni Alemanno vietò lo svolgimento di cortei nel centro storico della città, è chiarissima: «L’ azione amministrativa è (…) connotata da più profili di illegittimità». Per spiegare: quel provvedimento comunale – «adottato al di fuori dei poteri straordinari attribuiti al commissario», scrive il Tar – viola l’ articolo 17 della Costituzione, che tutela la libertà di riunione. La sentenza dei giudici del Tar del Lazio, che ha condannato Campidoglio e Presidenza del Consiglio al pagamento di tremila euro, è inequivocabile: «Un provvedimento amministrativo non può mai legittimamente imporre, una volta per tutte, limitazioni o sacrifici al diritto di riunione in luogo pubblico e alla libertà di corteo». Bisogna fare un passo indietro, per spiegare ciò che è accaduto negli ultimi mesi a Roma e ieri al Tar. A ottobre ci furono i disordini di piazza San Giovanni, e poco dopo il sindaco emanò questo provvedimento: sit-in solo in alcune piazze del I Municipio, cortei al sabato e in itinerari prestabiliti. Nelle 7 pagine del dispositivo, i giudici fanno spesso riferimento all’ articolo 17: «Una regola (…) che incide sulla libertà di riunione garantita dall’ articolo 17 è evidentemente violativa di tale norma costituzionale». È uno dei motivi per i quali è stato accolto il ricorso presentato dalla Fds, dai consiglieri regionali Ivano Peduzzi e Fabio Nobile, per i quali «si dimostra così che manifestare non è un reato». Ed è vero che «l’ ordinanza nel 2012 non è più in vigore», come spiega Manuela Grano, del collettivo dei legali di Prc, ma nella stessa sentenza si fa riferimento, a pagina 3, alla «efficacia conformativa della sentenza». Per spiegarne la portata, basta un esempio. Quando il Tar non concesse la sospensiva dell’ ordinanza comunale, il sindaco disse: «Il Tar ha di fatto confermato la validità del nostro atto. Cercheremo di trovare un’ intesa con il ministero per rendere permanente la regolamentazione dei cortei». Nel caso, bisognerà riscriverla: stavolta, nel rispetto della Costituzione.

Capponi Alessandro

da Corriere.it

Chivasso, carnevalone: vietati gli assembramenti sui balconi

Carnevalone sarà anche la festa dell’allegria, ma un occhio anche alla sicurezza degli spettatori non guasta mai.

Anche quest’anno, il Sindaco ha emesso un’ordinanza che vieta l’assembramento di persone sui balconi degli edifici che si affacciano lungo il percorso della sfilata.

Il corso mascherato, si snoda infatti lungo le vie più antiche della città, dove si trovano anche le case più vecchie, con balconi realizzati ancora in pietra. L’ordinanza del Sindaco mira a tutelare l’incolumità di chi vuole assistere allo spettacolo dei balconi, ma invita anche i pedoni a prestare attenzione ed a non sostare sotto di essi.

da Localport

Crocifisso: come impugnare le ordinanze comunali illegittime che ne ordinano l’esposizione

Alcuni Sindaci stanno emanando ordinanze per multare chi -doverosamente- si adegua alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in cui e’ stata sancita la rimozione dei crocifissi dalle aule scolastiche.

Indipendentemente dal merito di detta sentenza, queste ordinanze costituiscono una chiara violazione della legge su cui dicono di basarsi.

Il cosiddetto ‘pacchetto sicurezza’ (che nel 2008 ha modificato il Testo Unico delle leggi sugli ordinamenti enti locali – T.U.EE.LL.) consente al Sindaco, in veste di Ufficiale del Governo, di adottare provvedimenti anche contingibili e urgenti, ma solo “al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana”.

A noi non sembra che l’ordine di esposizione o di non rimozione di un simbolo religioso da un edificio -pubblico o privato che sia- si possa ritenere a tutela dell’incolumità pubblica e della sicurezza urbana; di conseguenza tali ordinanze sarebbero viziate da incompetenza.

Per questo l’Aduc, rappresentata dall’avv. Osvaldo Pettene, ha già impugnato una ordinanza del genere emanata dal Sindaco del Comune di San Bonifacio (Verona).

Invitiamo tutti i cittadini che hanno a cuore lo Stato di diritto a fare altrettanto. Se il vostro Comune ha emanato una simile ordinanza, è sufficiente compilare il modulo che linkiamo qui sotto e inviarlo per raccomandata a/r al Prefetto competente per territorio e al proprio Sindaco entro 30 giorni dall’emanazione dell’ordinanza.

A ciascun ricorso è necessario allegare copia dell’ordinanza impugnata e un bollo di Euro 14,62. Vi chiediamo anche di inviare una copia per conoscenza all’Aduc.

Qui il modulo per fare ricorso: htttp://www.aduc.it/generale/files/file/allegati/20091130-crocifisso-ricorso_prefetto.doc

da <a href=”http://www.imgpress.it/notizia.asp?idnotizia=47289&idsezione=1″>IMGPRESS</a&gt;

Alemanno, frainteso sui cornetti

Roma, 27 nov. – “L’ordinanza sui cornetti e’ stata fraintesa. Non serviva per la sicurezza della citta’, ma per venire incontro alla richiesta del commercio di omologare gli orari di vendita dei prodotti commerciali a quelli dei prodotti artigianali”. Lo ha detto il sindaco di Roma Gianni Alemanno nel suo intervento al convegno di Confartigianato ‘Roma Capitale dell’artigianato’.

“Abbiamo riparato – ha continuato il sindaco – e capito che esiste una differenza fra commercio e artigianato. L’artigianato manterra’ regole diverse e noi vigileremo su di esse”.

da Libero-news

Dall’alcol alla prostituzione, boom di ordinanze dai sindaci del Nord: sulla sicurezza battono il Sud

E’ la Lombardia la regione in cui si registra il maggior numero

Dall’alcol alla prostituzione, boom di ordinanze dai sindaci del Nord: sulla sicurezza battono il Sud

Oltre il 66% dei provvedimenti comunali sulla sicurezza urbana è stato emesso da primi cittadini del Nord Ovest e del Nord Est. Solo il 6,7% è stato firmato dai sindaci delle Isole, mentre nel Centro e Sud l’11,7% e il 14,9% del totale. I dati emersi da una ricerca condotta da Anci e Cittalia.

Novara, 23 mar (Adnkronos) – Il 66,7% delle ordinanze comunali sulla sicurezza urbana, rese possibili dai nuovi poteri previsti dal decreto Maroni, e’ stato emesso da Sindaci del Nord Ovest e del Nord Est (rispettivamente il 40,3% e 26,4%). Solo il 6,7% delle ordinanze e’ stato firmato dai Sindaci delle Isole, mentre nel Centro e Sud le ordinanze adottate sono rispettivamente l’11,7% e il 14,9% del totale. Sono i dati emersi da una ricerca condotta da Anci e Cittalia analizzando 600 ordinanze emesse in base al decreto che ha ampliato ipoteri di ordinanza dei sindaci. I risultati dello studio saranno presentati ufficialmente oggi a Novara, nel corso di un convegno organizzato da Anci al quale interverra’ il ministro dell’Interno, Roberto Maroni.

Da quando il decreto del ministro dell’Interno e’ entrato in vigore, lo scorso 5 agosto, si evince ancora dall’indagine, il tema maggiormente regolato dai primi cittadini e’ stato il divieto di prostituzione (16%), seguito dal divieto di consumo di somministrazione di bevande (13,6%), dal vandalismo (10%) e dall’accattonaggio molesto (8,4%). Secondo l’indagine, e’ la Lombardia la regione in cui si registra il maggior numero di ordinanze: in 82 comuni (il 5,3% dei comuni lombardi) sono stati emessi 144 provvedimenti.

Significativi i dati di Emilia Romagna, Toscana e Veneto, in cui, pur essendo stato emesso un numero assoluto inferiore di ordinanze (rispetto alla Lombardia), si registrano percentuali piu’ elevate di coinvolgimento dei comuni. Infatti, il 7,6% dei comuni emiliano- romagnoli, il 7,7% dei comuni toscani e l’8,6% di quelli veneti hanno assunto provvedimenti in materia di sicurezza sulla base della legge e del decreto del ministero dell’Interno.

Le nuove ordinanze sulla sicurezza urbana sono state complessivamente firmate dai sindaci di 318 comuni: il 24% e’ stato emanato in comuni con popolazione compresa tra i 5 e i 15 mila abitanti, il 28% tra i 15 mila e i 50 mila e l’11% tra i 50 mila e i 100 mila. I comuni con oltre 250 mila abitanti hanno emesso l’8% del totale delle ordinanze. Ma sottolinea l’indagine che le citta’ con questa popolazione sono in tutto 12 (su un totale di circa 8.000 comuni), e tra queste ben 9 hanno emesso un’ordinanza, ovvero il 75% del totale. Analogamente nei comuni con popolazione tra i 100 e i 250 mila abitanti l’81% dei sindaci ha emesso un’ordinanza. Al contrario sono solo il 5,7% dei comuni con popolazione tra i 5 e i 15 mila abitanti e l’1% dei piccoli comuni ad aver assunto provvedimenti in materia di sicurezza urbana.

Anci e Cittalia, attraverso un questionario, hanno anche raccolto il punto di vista dei sindaci di 109 Comuni rappresentativi di tutte le Regioni, per comprendere quali siano gli interventi per la promozione della sicurezza urbana considerati prioritari per il territorio da loro amministrato. Tra le priorita’ d’intervento segnalate dai primi cittadini ci sono il rafforzamento della polizia locale e l’adeguamento tecnico strumentale della stessa (35,9%), gli interventi di riqualificazione urbana e contrasto al degrado (25,2%), la prevenzione sociale e l’educazione alla legalita’ (24,8%) e il sostegno alle vittime dei reati (14,3%).

E’ stata infine realizzata, nel mese di gennaio scorso, un’indagine campionaria sui residenti delle grandi citta’ italiane , proseguendo cosi’ il lavoro di ricerca gia’ avviato con un’indagine sulla percezione dell’insicurezza nei piccoli Comuni. Secondo i residenti delle grandi citta’ l’insicurezza e’ dovuta innanzitutto al cattivo funzionamento della giustizia (36,7%), mentre viene percepito in modo molto meno pressante il tema della insufficienza delle forze di polizia (17%) e anche il problema, sia pure sentito, dell’immigrazione (24%). A seguire, le cause dell’insicurezza sono la ”mancanza e la precarieta’ del lavoro” (36%), e l’aumento delle diseguaglianze e la crisi economica (26%) a conferma di un senso di incertezza che mette assieme, nella vita quotidiana, i problemi dell’ordine pubblico e quelli della sicurezza sociale.

Nelle 11 citta’ prese a campione, la precarieta’ lavorativa ed economica (32%) fa comunque piu’ paura della microcriminalita’ (30%). Complessivamente, l’insicurezza economica (intesa come precarieta’ lavorativa e timore per la perdita del proprio attuale tenore di vita) pesano per il 50% sulle paure dei cittadini. La maggioranza dei cittadini di Venezia (81%), Cagliari (77%), Firenze (62%), Genova (55%), Milano (52%) Torino (51%) e Bologna (51%) considera la sua citta’ un luogo molto o abbastanza sicuro. Negli altri casi, invece, a prevalere e’ la percezione di insicurezza: Roma (55%), Bari (62%), Palermo (70%) e Napoli (91%). Ma la ”geografia dell’insicurezza” varia notevolmente anche in relazione ai singoli fattori di rischio.

da ADNKRONOS.COM

In strada tutti i cani dovranno avere il guinzaglio

ROMA – Potrebbe arrivare presto il guinzaglio per tutti i cani a passeggio per strada, quindi non solo per i cani detti «pericolosi». Questa una delle novità che saranno contenute nella nuova ordinanza sulla «Tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione di cani» in corso di stesura. Lo ha riferito il sottosegretario al Welfare, Francesca Martini ribadendo che, nel nuovo testo, la black-list delle razze pericolose «non ci sarà».

E, dalla Cassazione, arriva una sentenza che punta sulla responsabilità del proprietario. In sostanza, il padrone di un cane, specie se aggressivo come il pitbull, ha affermato la Cassazione, è sempre responsabile del comportamento dell’ animale anche quando questo viene affidato ad un’altra persona anche se di famiglia che, non essendo «la persona dominante», è inadeguata a gestirlo. Una sentenza, ha commentato Martini «che ci aiuta molto. Condivido il fatto che il proprietario è responsabile dell’animale». In tal senso «punterò molto sulla formazione dei proprietari e in questo i veterinari saranno un nodo cruciale».

Per quanto riguarda l’ordinanza, «sono contraria – ha detto Martini – al fatto che si lascino cani liberi in strada». Nella nuova ordinanza, quindi, guinzaglio sempre e per tutti. Confermato anche l’uso della museruola. In questo senso si sta pensando a collegare la museruola a determinate caratteristiche dell’animale (grossa stazza, reattività, vigososità) e non alle razze.

L’ordinanza attualmente in vigore (la scadenza è per il gennaio 2009), prevede ora o il guinzaglio o la museruola per i cani appartenti a razze o incroci non compresi nell’elenco delle 17 razze di cani pericolosi elencate.

Il nuovo provvedimento cui sta lavorando il sottosegretario Martini, prende in causa la responsabilità del proprietario e ha lo scopo di «identificare gli strumenti per ridurre i fattori di rischio». «Non proponiamo soluzioni semplicistiche – ha spiegato – che non guardano la radice del problema che è l’irresponsabilità». «Non smantelliamo – ha sottolineato Martini – il principio di sicurezza dei cittadini ma prendiamo in causa la responsabilità del proprietario».

Inoltre, ha anticipato Martini, l’ordinanza sarà «leggera» sulla formazione, capitolo che invece entrerà in un disegno di legge ad hoc.

Nella nuova ordinanza, quindi, confermato lo stop alla black-list, guinzaglio sempre per le vie cittadine per tutti i cani, museruola a seconda dei casi. Resta invariata la parte che riguarda l’ assicurazione e quella che vieta la detenzione di cani impegnativi a soggetti che hanno precedenti penali.

da La Stampa

Prostituzione: regolare o vietare ?

“Tra gli altri aspetti dell’immigrazione clandestina c’è quello legato alla tratta di donne, un argomento che, legato a quello della prostituzione, continua a tenere banco, dopo che Mara Carfagna, ministra delle Pari Opportunità, ha annunciato che nelle misure  inserite nel disegno di legge in materia, al quale sta lavorando, la prostituzione di strada sarà reato e colpirebbe tanto i clienti quanto chi si prostituisce per strada o in luoghi aperti al pubblico.

Mentre un grande plauso a Carfagna giunge dalla Comunità Papa Giovanni XXIII – fondata da don Oreste Benzi, e che da oltre 20 anni opera per la liberazione delle giovani donne schiavizzate – convinta che se la proposta si concretizzerà, sarà un grande smacco verso il racket, Antonio Stango, del Comitato nazionale di Radicali Italiani risponde cheNon è criminalizzando milioni di persone  che si può combattere più efficacemente le organizzazioni criminali o migliorare l’ordine pubblico. Occorre piuttosto dare all’Italia al più presto una legislazione moderna, non ipocritamente moralistica, che sulla base delle positive esperienze della Germania e di altri Stati europei consenta a chi esercita liberamente la prostituzione di farlo con sicurezza, rispetto, garanzie sanitarie e previdenziali adeguate“. E conclude Stango: “La tassazione delle entrate da tale attività equivarrebbe a una manovra finanziaria e consentirebbe allo Stato di coprire sia i costi di migliori servizi sociali che quelli della necessaria lotta alle organizzazioni criminali, oggi rese più forti proprio dal proibizionismo“.

Anche in questo caso, gli Enti locali – sindaci in prima linea – si muovono adottando provvedimenti  in linea con quelli adottati dal governo o trovando altre forme di contrasto al fenomeno.

A Milano, Riccardo De Corato, vice sindaco e assessore alla Sicurezza del comune annuncia che già da questo mese la polizia municipale cercherà di colpire il fenomeno della prostituzione più capillarmente multando i clienti (500 euro la sanzione) ed effettuando’ i controlli servendosi anche della collaborazione dei cittadini che sul sito Google Maps hanno segnalato le zone della prostituzione milanese. “Faremo apposite verifiche con la mappa via web -spiega De Corato – per sapere se ci sono luoghi finora sfuggiti ai controlli. E con l’opportunita’ della specifica ordinanza che emaneremo a giorni, andremo a sanzionare anche in quei posti.” Gli introiti delle sanzioni serviranno per finanziare il progetto ‘Accoglienza vittime della strada’ che “dal 2001 a oggi- spiega il vice sindaco- ha permesso di salvare circa 500 donne dalla strada”. Sulla base dei dati forniti da De Corato, le operazioni di polizia, durante i controlli legati alla prostituzione, hanno portato a infliggere 2099 multe, a effettuare 2 arresti, 33 denunce, 7 accompagnamenti in Questura, 5 foto segnalamenti per stranieri irregolari, 7 fermi amministrativi di veicoli e a ritrovare 4 auto furtive.

Stesso provvedimento a Verona, dove, per stroncare l’esercizio della prostituzione su strada, la Giunta comunale, su proposta del Sindaco Flavio Tosi, ha deciso a fine luglio di elevare a 500 euro l’importo della multa per i clienti delle prostitute. ”Il Decreto Sicurezza del ministro Maroni, convertito in legge dal Parlamento – spiegava  Tosi – concede ai Sindaci la possibilità di graduare gli importi delle diverse sanzioni da 50 a 500 euro, in base alla gravità del comportamento di chi commette reato; è una norma importante, introdotta dal ministro proprio su nostra richiesta, perché amplia il potere dei sindaci in materia di sicurezza urbana, consentendo di emanare provvedimenti più incisivi ed efficaci rispetto al fenomeno da contrastare”. “In questo caso abbiamo deciso di applicare la sanzione massima di 500 euro per la violazione dell’ordinanza antiprostituzione: un deterrente ben più forte dei 36 euro per intralcio alla circolazione previsti dal codice della strada al quale, prima dell’entrata in vigore del Decreto Maroni, i Sindaci erano tenuti a richiamare le proprie ordinanze”. ”Lo scopo dell’ordinanza è quello di multare chi contratta prestazioni sessuali – conclude Tosi – per eliminare un fenomeno gestito da racket criminali che spesso riducono in schiavitù le donne da avviare alla prostituzione e per eliminare il degrado e il disturbo causato ai cittadini”.

In Liguria si pensa invece a Cooperative autogestite per l’esercizio della prostituzione. A proporlo il gruppo consiliare ligure di An.  Nei prossimi giorni verrà promossa una raccolta firme tra i cittadini liguri a favore dell’iniziativa di An. ”Con la nostra proposta di legge, che è aperta ai contributi migliorativi di chiunque -spiega  Gianni Plinio – si intende allontanare dalle vie delle nostre città l’esercizio della prostituzione e limitarlo, favorendo anche la creazione di cooperative autogestite e sottoponendolo a controlli sanitari e a imposizione fiscale, in case private. Occorre andare verso il superamento della ormai antiquata legge Merlin, reprimendo, con forza, la prostituzione a cielo aperto e lo sfruttamento di donne soprattutto minorenni e spesso tenute in condizione di schiavitù da parte del racket ma anche garantendo una certa libertà per chi intende esercitarla al di fuori da coinvolgimenti criminali”. ”Spero -conclude Plinio – che la sindaca Vincenzi valuti la bontà della nostra proposta e che una approvazione bipartisan del consiglio regionale ponga la Liguria all’avanguardia in Italia nel fronteggiare questa inquietante piaga sociale”.

Il Comune di Genova per arginare soprattutto la piaga dello sfruttamento sessuale ha dalla sua il progetto Sunrise, che dal 2000 a oggi lo ha impegnato in azioni volte a sostenere percorsi di liberazione a favore delle vittime. I risultati del progetto sono stati presentati nei giorni scorsi dall’assessora ai Servizi sociali Roberta Papi. Il progetto, con co-finanziamento del Ministero per le pari opportunità, realizzato in collaborazione anche con enti e associazioni che da tempo operano nella città, ha permesso a circa 900 persone di beneficiare del servizio: ascolto e accoglienza per le ragazze, in maggioranza immigrate, coinvolte nel racket della prostituzione che manifestino l’intenzione di cambiare stile di vita; costruzione di percorsi di uscita condivisi e attuabili; accoglienza in comunità e sostegno economico; sostegno psicologico e socio-educativo; sostegno per il rilascio del permesso di soggiorno; attivazione di percorsi formativi e di inserimento lavorativo. 150 finora quelle inserite in comunità e case protette. “Si tratta di donne portate nel nostro Paese con l’ingannevole illusione di un lavoro e poi avviate con violenza alla prostituzione. Grazie a Sunrice – ha spiegato Papi – le ragazze possono rivolgersi alle forze dell’ordine per sporgere denuncia nei confronti dei propri sfruttatori; quindi avviene la segnalazione all’Ufficio Cittadini senza territorio e l’inclusione nel progetto. Dall’Ufficio precisano inoltre: “Se la persona desidera uscire dal racket, ma, temendo ritorsioni sulla propria persona o sulla famiglia di origine, non si sente pronta per una formale denuncia, può rivolgersi direttamente al nostro ufficio o al numero verde nazionale 800.290.290 e formulare una richiesta di aiuto”

L’assessora Papi ha inoltre evidenziato la necessità di un piano nazionale capace di potenziare le relazioni diplomatiche con i paesi di provenienza delle persone sfruttate e di coordinare gli interventi e gli investimenti.”

Il primo protocollo d’intesa delle Marche per la realizzazione di politiche e interventi contro la tratta degli esseri umani è stato firmato il 30 luglio scorso ad Ascoli Piceno, presso la sede della Provincia, fra l’assessora provinciale alle Politiche Sociali Licia Canigola e i rappresentanti di quattro “Ambiti Territoriali Sociali” locali. Gli obiettivi del protocollo tra enti, istituzioni e privati sono principalmente quelli di ridurre il disagio e la condizione di vulnerabilità delle persone coinvolte nella prostituzione e in altri fenomeni di marginalità.

Il documento prevede anche lo sviluppo di iniziative di sensibilizzazione e prevenzione sul territorio del Piceno e nei paesi di origine delle vittime attraverso iniziative di raccordo in rete con le realtà locali e lo sviluppo di attività di promozione e cooperazione decentrata.

A Rimini è dal 1998 che il Comune multa i clienti, con sanzioni che vanno da 500 a 3 mila euro. Chi “esercita l’attivita’ di meretricio su strada pubblica” è invece passibile di una sanzione dai 100 ai 600 euro se “mostra nudità, indossa un abbigliamento indecoroso o indecente ovvero mostra nudità”. E’ tutto scritto nell’articolo 32 del regolamento e i controlli ci sono. A lottare contro il fenomeno sono prevalentemente i vigili urbani, soprattutto nei fine settimana estivi. A chi chiede o offre sesso a pagamento, il Comune applica di solito una sanzione pari al doppio del minimo previsto, ovvero mille euro per i clienti e 200 per le prostitute.”
da Delt@

Tariffe dei telefonini, qui ci vuole un’ordinanza

L’Europa accusa: gli operatori di telefonia mobile in Italia i quali fanno extraprofitti a danno di consumatori e concorrenza e l’Agcom (quella che dovrebbe vigilare sugli operatori della comunicazione) sta sostenendo questo andazzo “per difendere gli interessi degli operatori mobili italiani”.

Lo afferma Viviane Reding, commissario Ue per l’Informazione.

La Reading ha nel mirino i guadagni che derivano dalla cosiddetta ‘terminazione mobile‘, cioè quanto entra in cassa all’operatore quando un suo utente riceve una chiamata.  Sono 25 miliardi l’anno in Europa (un quarto dei ricavi totali).

Le tariffe di terminazione sono decise dalle Autorità di settore, in ogni paese, che le hanno fissate elevate per ripagare gli operatori degli investimenti nella rete e nelle licenze Gsm e Umts. Ma secondo la Reding il mercato non ha più bisogno di un sussidio che pesa sulle bollette dei consumatori e sugli operatori di rete fissa.

THE INDEPENDENT contro l’Italia “Vietate tutte le cose divertenti”

LONDRA – Sono tante le cose che non si possono fare nel nostro Paese, in questa estate 2008. Prendiamo ad esempio le spiagge: su tutto il territorio nazionale è vietato farsi fare un massaggio cinese sul lettino, o comprare un pareo o un costume da un vu cumprà. E se poi passiamo in ambito locale, le proibizioni crescono, grazie a una serie di provvedimenti emanati da sindaci più o meno sceriffi. Una situazione diffusa che adesso finisce nel mirino dei giornali inglesi. O più precisamente in quello dell’autorevole THE INDEPENDENT, che al fenomeno tricolore del “nonsipuotismo” stabilito per legge (o per ordinanza) dedica un ampio articolo. Con un titolo che è già un commento: “Turisti attenti: se una cosa è divertente, l’Italia ha una legge che lo vieta“.

Oggetto del reportage, come è spiegato dalle pagine del giornale, è la “tempesta di nuove regole e regolamenti, che rischiano di trasformare il Belpaese nel più grande stato-babysitter“. Con i cittadini visti come bambini da controllare accudire e limitare, quasi in ogni ambito del vivere pubblico.

In realtà, però, l’articolo dell’Independent – oltre a una denuncia dell’eccesso di regole e regolette in vigore in casa nostra – vuole anche avvertire i visitatori provenienti dall’estero. I quali, magari abituati a situazioni più permissive, vanno incontro a possibili sanzioni: “Gli stranieri inconsapevoli rischiano pesanti multe se fanno cose che sono perfettamente legali da qualsiasi altra parte del mondo, eccetto in quella città o paese dove si trovano – scrive il giornale – a Genova, per esempio, è ora illegale camminare per strada con una bottiglia di vino o una lattina di birra. A Roma è ok, ma se ti sdrai sotto un pino o sui gradini di piazza di Spagna per berla, o solo per mangiare un sandwich, il tuo comportamento ‘indecoroso’ può essere penalizzato. Lo stesso se il tuo snack all’aria aperta è seguito da un sonnellino”.

Il giornale elenca molte delle ordinanze di quest’estate, e ricorda: “Il governo di Silvio Berlusconi può essere stato il primo al mondo a introdurre il ‘ministero della semplificazione’ (quello del leghista Roberto Calderoli, ndr) con il compito di identificare ed abolire leggi inutili, ma nell’interesse di una maggiore democrazia a livello locale e della sicurezza, il suo ministro dell’Interno Roberto Maroni ha consentito a migliaia di fiori legali di sbocciare. Molte di queste ordinanze non verranno probabilmente mai fatte rispettare, ma sarà una scarsa consolazione per colui che dava da mangiare ai piccioni, e che avrà una pesante multa tra i suoi souvenir delle vacanze”.

E gli esempi, al di là di quelli forniti dal quotidiano britannico, potrebbero continuare. Ecco qualche altro esempio. A Forte dei Marmi non si può fare giardinaggio nel weekend, mentre a Novara, dopo le 11 di sera, è proibito stazionare nei parchi in più di due persone. A Capri e a Positano, è proibito portare gli zoccoli ai piedi. Il divieto di andare in giro a torso nudo se sei uomo, in bikini se sei donna arriva invece da Viareggio, dove è vietato anche appoggiare i piedi sulle panchine o andare in skateboard sulla passeggiata del lungomare.

(17 agosto 2008)

da laRepublica.it